- LA RAGAZZA DI LATTA (1970) di Marcello Aliprandi - recensione del film


La ragazza di latta (1970)
"Il corpo di marmo di Guidarello Guidarelli giace a Ravenna. La leggenda vuole che un giorno il bacio di una donna risveglierà il giovane eroe."

Ravenna, imprecisato futuro. La città è desolante, sbiadita; moderne architetture alienano l'antico paesaggio. Il signor Rossi è il pacifico impiegato della Smack Bank, dove dal direttore ai dipendenti tutti vestono uguali e portano larghi basettoni. A differenza degli altri, Rossi non veste uguale, non porta lunghi basettoni, e preferisce circolare con un paio di pattini piuttosto che con la Smack Rolls, vettura di grido prodotta dalla grande corporazione Smack; che produce anche whiskey, sigarette e insetticidi. La moglie del signor Rossi lo rimprovera perché egli non si conforma con la società e con le sue regole mondane. Rossi si rifugia nell'intimo della sua stanza dove gioca ad evadere con una collezione di fotografie: ritaglia il proprio volto e l'appiccica su altre foto, sostituendolo a quello dei personaggi più disparati. E' un uomo solo, privo di un'identità che lo realizzi. Il direttore della banca lo invita ad acquistare una Smack Rolls e a farsi crescere i basettoni. Ma Rossi non ascolta i consigli, non tanto per spirito di ribellione quanto perché tutto ciò che gli viene proposto non sembra appartenere al suo animo semplice. Nel tempo libero s'intrattiene con amici sognatori, coi quali partecipa a uno strano gioco nel bosco: appostati come cacciatori, devono riuscire ad avvistare l'elefante che vola.
La ragazza di latta (1970)
Un giorno Rossi incontra una bella sconosciuta, una bellissima ragazza dai capelli biondi (Sydne Rome). Gli incontri, tra il reale e l'immaginario, si fanno sempre più frequenti, e l'uomo sogna una vita insieme a lei. La insegue, la cerca, le chiede più volte se lo ama, ma lei non risponde, non contempla questa domanda. L'ansia di sapere porta il signor Rossi a rivolgersi a un mago, che altro non è che un regista cinematografico. Per leggergli le carte e predirgli il futuro, il regista mette in scena una rappresentazione cinematografica della vita del signor Rossi: tutto è governato, le vite sono giostrate da chi muove le fila, anche tu stesso che ti stai muovendo in realtà lo fai perché qualcuno ha voluto che tu facessi così. Non c'è scampo. Il mago-regista predice un futuro di ricchezza, ma alla solita domanda, se lei lo ami oppure no, anche stavolta Rossi resta senza risposta. Gli incontri tra Rossi e la sconosciuta si fanno assidui, sempre carichi di aspettative ma velati di amarezza: vanno al mare, ma l'acqua non è più salata. -Una volta il mare era salato, poi hanno tolto il sale. D'estate non ci va più nessuno, solo chi ha sete.- Rossi, stanco di quest'inconcludenza di vita, esaltato dalla passione e finalmente mosso da un impeto di ribellione, si reca al lavoro con l'armatura di Guidarelli, l'eroe risvegliato dal sonno mortale grazie al bacio di una ragazza, e con la spada distrugge la scrivania del direttore. A questo punto Rossi è convocato dal dottor Smack in persona, il capo supremo, il Potere. A Rossi non spetta una punizione, nemmeno un rimprovero. Il Potere anzi fa elogio della sua intraprendenza e gli comunica di averlo prescelto come successore: -Sarai ricco, e con la ricchezza si diventa belli.- Plagiato e felice anche senza aver inteso il significato di quest'eredità, ammaliato dall'idea di poter essere ricco e finalmente amato, Rossi persiste nel corteggiamento della sconosciuta che ormai ama come unica ragione di vita. E' certo che lei possa ricambiarlo, sebbene rimanga una figura ambigua e latente. La misteriosa donna appare e scompare per le vie della città. E anche le strade riportano la sua immagine, il bel volto della donna è sui manifesti appesi ai muri, marchiati dal simbolo della Smack. Qui la triste scoperta: la ragazza è un robot prodotto dalla Smack.
La ragazza di latta (1970)
Marcello Aliprandi al suo primo film, racconta una storia densa, impegnativa e immortale, quella dell'impossibilità di fuga dal consumismo: il Potere, che governa un ordine utile al mantenimento di sé, ordisce ogni cosa, prende per mano ogni suddito e lo accompagna verso un'illusione di gratificazione di vita; non importa quale sarà la gratificazione, se autentica o fittizia, l'importante è che il suddito ne sia pago, così che non solo cessi di rappresentare una minaccia per la conformità, ma egli stesso ne diventi portavoce, consapevole o meno. Il Potere è talmente spietato e cieco, nascosto dietro l'elegante carezza dell'illusione, che non mette alla berlina la libertà: si sostituisce ad essa. Il Potere fa sì che si finisca per amarlo, che sia di carne o di metallo.
Con soluzioni non sempre facili e d'avanguardia, il film si serve del meccanismo della favola e dell'allegoria, e compone un amarissimo quadro di vita dal destino segnato. Aliprandi, grazie alle precedenti esperienze teatrali, è lucido creatore di quadri narrativi fortemente espressivi. Un capolavoro, un piccolo miracolo di messa in scena, impreziosito dalla presenza di una funerea Sydne Rome (con un funereo trucco e costume) e dalla triste colonna sonora di Nicola Piovani, diretta da Stelvio Cipriani. Romanticismo e modernità si scontrano e stridono; la dolce melodia della tromba è accompagnata da un militaresco martellare di tamburi; le antiche chiese convivono con fabbriche di cemento. L'arredamento futuribile, ma fortemente ancorato all'immaginario estetico pop anni Settanta, dà origine a una suggestiva ibrida commistione di classico e moderno, utile a collocare la claustrofobia della favola in una non-dimensione entro la quale si è prigionieri felici. Co-sceneggiatore e arredatore sono la stessa persona: Fernando Imbert. Il Potere è a colloquio col signor Rossi nello straziante scheletro di cemento della Colonia Varese, dove anni dopo Pupi Avati girerà ZEDER.

Dati tecnici:
Regia: Marcello Aliprandi; Soggetto: Marcello Aliprandi; Sceneggiatura: Marcello Aliprandi, Fernando Imbert; Interpreti: Sydne Rome, Roberto Antonelli, Elena Persiani, Simone Mattioli, Adriano Amidei Migliano, Fortunato Migliano, Massimo Antonelli, Olga Gherardi, Umberto D'Orsi, Mario F. Lunedei, Filippo Severi, Giuliano Tedeschini, Natale Bianchedi; Fotografia: Gastone Di Giovanni; Musica: Nicola Piovani; Costumi: Pasquale Nigro; Scenografia: Fernando Imbert; Montaggio: Roberto Perpignani; Produzione: S.C.E.T.R. Films (Società Cinematografica e Teatrale Romagno; Distribuzione: Ital-Noleggio Cinematografica; censura: 56678 del 12-09-1970

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