AMARCORD (1973)

Regia/Director: Federico Fellini
Soggetto/Subject: Federico Fellini, Tonino Guerra
Sceneggiatura/Screenplay: Federico Fellini, Tonino Guerra
Interpreti/Actors: Pupella Maggio (Miranda, madre di Titta), Magalì Noël (Gradisca), Armando Brancia (Aurelio, padre di Titta), Ciccio Ingrassia (Teo lo zio matto), Nando Orfei (Patacca, zio di Titta), Luigi Rossi (avvocato), Bruno Zanin (Titta Biondi), Gian Filippo Carcano [Gianfilippo Carcano] (Don Balosa), Josiane Tanzilli (Volpina), Maria Antonietta Beluzzi (tabaccaia), Giuseppe Janigro (nonno di Titta), Ferruccio Brambilla (gerarca), Antonino Faà Di Bruno (conte di Lovignano), Mario Misul (prof. filosofia), Ferdinando Vilella (Fighetta, prof. greco), Antonio Spaccatini (federale), Aristide Caporale (Giudizio), Gennaro Ombra (Biscein), Domenico Pertica (cieco di Cantarel), Marcello Di Falco (principe), Stefano Proietti (Oliva fratello di Titta), Bruno Scagnetti (Ovo), Bruno Lenzi (Gigliozzi), Francesco Vona (Candela), Alvaro Vitali (Naso), Fernando De Felice (Marcino, detto Ciccio), Gianfranco Marrocco (conte di Poltavo), Donatella Gamolini (Aldina Cordini), Francesco Magno (preside Zeus), Francesco Maselli (Bongioanni, prof. scienze), Dina Adorni (Signorina De Leonardis prof. matematica), Mario Silvestri (prof. italiano), Dante Cleri (prof. storia), Fides Stagni (prof. Belle Arti), Carla Mora (Gina, la cameriera), Mario Liberati (proprietario cinema Fulgor), Bruno Bartocci (carabiniere, marito di Gradisca), Marina Trovalusci (sorellina di Gradisca), Fiorella Magalotti (sorella di Gradisca), Giovanni Attanasio (squadrista), Fredo Pistoni (Colonia), Vincenzo Caldarola (mendicante), Mario Milo (fotografo), Cesare Martignoni, Mario Iovinelli, Costantino Serraino (Gigino, Penna Bianca), Amerigo Castrichella, Dario Giacomelli, Giuseppe Papaleo, Mario Nebolini (segretario comunali), Clemente Baccherini (proprietario del Caffè Clemente), Carmela Eusepi (sua figlia), Bernardo Torindo, Marcello Bonini Olas (professore di ginnastica), Lino Patruno (Bobo), Ferruccio Brembilla (Gerarca), Marco Laurentino (mutilato Grande Guerra), Riccardo Satta (sensale), Francesco Di Giacomo (grasso barbuto al seguito dell'Emiro), Ray Monti, Aurelio Aureli
Fotografia/Photography: Giuseppe Rotunno
Musica/Music: Nino Rota
Costumi/Costume Design: Danilo Donati
Scene/Scene Design: Danilo Donati, Italo Tommasi
Montaggio/Editing: Ruggero Mastroianni
Suono/Sound: Oscar De Arcangelis
Produzione/Production: F.C. Produzioni, P.E.C.F., Paris
Distribuzione/Distribution: Dear International
censura: 63699 del 15-12-1973

Amarcord, premio Oscar come miglior film straniero nel ’74, David di Donatello e Nastro d’ Argento, rappresenta la perfetta summa della poetica felliniana. E’ il film forse più scorrevole e meno ostico del regista (nonostante siano sforate le due ore abbondanti), nel quale i toni da commedia all’italiana fanno capolino qui più che altrove. Una pellicola tra il surreale, il farsesco, il malinconico, con l’intento di descrivere con devota e scrupolosa perfezione numerosi personaggi della provincia riminese degli anni ’30 (l’epoca dell’infanzia felliniana), personaggi che assurgono al ruolo di tipi universali e che non rappresentano soltanto un preciso momento storico, bensì delle maschere immortali.

Sempre con la tendenza a costruire vicende a carattere episodico e frammentario, Amarcord si riassume in una tensione costante tra microcosmo e macrocosmo, in un’alternanza tra scene di massa e gruppi di famiglia in un interno, tra individuale (l’evoluzione psicosessuale di un gruppo di adolescenti, di cui Titta è l’alter ego felliniano) e il sociale (la rievocazione della storia fascista). Non mancano quindi nemmeno le consuete scene di massa, le parate fasciste adattate e riviste a forme spettacolari, colorate e trionfali, momenti bunueliani dal sapore onirico ed ermetico (la vacca nella nebbia) e naturalmente l’elemento biografico preponderante. La biografia di Fellini è in fondo una scusa per aprire il varco della memoria personale e collettiva, dove il regista schizza bozzetti di vita umane e di provincia con solerte poesia  Già il titolo (“io mi ricordo” in dialetto romagnolo) è diventato un neologismo per indicare il romanzo di formazione o il fotoromanzo dei ricordi. Tutte le volte che ho visto Amarcord non ho mai smesso di pensare che ci si può ritrovare anche il futuro Pupi Avati, con la sua ruralità e i suoi “emiliani” ricordi del cuore.
Un film, Amarcord, che senza pudore riesce a mescolare intelligentemente l’alto e il basso, il carattere popolare e autoriale, anche con l’impiego di numerose comparse e di caratteristi molto singolari. Compare, la vera scoperta felliniana della commedia scollacciata, Alvaro Vitali, nei panni dello studente, un consueto ruolo che gli sarà affibbiato più tardi almeno per una decina d’anni da registi di genere; Francesco Di Giacomo, voce solista e fondatore del Banco del Mutuo Soccorso, Ciccio Ingrassia, Josiane Tanzilli (nel ruolo della “Volpina”), Maria Antonietta Beluzzi (la BBW, oggi la chiameremmo così!).Volti noti e meno noti alcuni dei quali ricomparsi in numerosi film di genere.
Un film quindi completo e perfetto, riassuntivo e anticipatore del cinema passato e futuro. Una pietra miliare a livello nazionale e internazionale.

Recensione a cura di :
Guido Colletti

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