GLI SCACCHI DELLA VITA (2014)


Regia: Stefano Simone
Soggetto: Gordiano Lupi
Sceneggiatura: Stefano Simone
Cast:  Michael Segal: Massimo; Filippo Totaro: Impiegato; Luigia Ilenia Ciociola: Vera; Michela Mastroluca: Carla; Nicola Ciociola: Alfieri; Matteo Perillo: Il Capo; Gianni Lauriola: Delinquente; Giulia Rita D'Onofrio: Madre; Libero Troiano: Massimo da giovane; Tonino Potito: Barbone.
Produttore: Stefano Simone
Musiche: Luca Auriemma

Il panorama del cinema indipendente italiano è ricco di registi che cercano di emergere proponendo “il loro modo di vedere e concepire il cinema”.
Purtroppo molti di loro nonostante l’impegno rimangono sconosciuti a gran parte del pubblico interessato solamente ai grandi nomi e a quel cinema commerciale che esce nei cinema, disertando i festival e i cineclub.
Stefano Simone è un giovane regista di Manfredonia molto poliedrico e con una sua visione del cinema molto particolare.
Non si limita a realizzare film di genere, ma spazia da un genere all’altro realizzando anche videoclip.
Gli scacchi della vita è un lungometraggio del 2015 e Simone si confronta col genere drammatico, prendendo spunto dall’omonimo racconto di Gordiano Lupi.
La trama è apparentemente molto semplice: un architetto (interpretato da un volto noto del cinema indie Michael Segal) ha un gravissimo incidente .
Dovrà affrontare un’insolita partita a scacchi, per ogni pedina persa sarà costretto ad affrontare le esperienze negative della sua vita.
Quindi il primo richiamo immediato che viene in mente è il settimo sigillo di Ingmar Bergman.
Potrebbe essere considerato un eccesso di presunzione da parte di Stefano Simone, ma io lo voglio vedere come una grande prova di coraggio.
Come sempre mi piace analizzare ogni aspetto dei film bilanciando gli aspetti positivi e negativi.
Possiamo apprezzare sicuramente il coraggio di Stefano Simone nel realizzare un film molto difficile, con argomenti scomodi come il rapporto madre-figlio, il senso della vita .
Sicuramente riesce nell’intento di mettere a disagio lo spettatore e ricreare al meglio lo squallore e l’infelicità della vita da adolescente del protagonista.
Ci riesce senza ricorrere a mezzi di comodo, ma utilizzando al meglio gli aspetti del quotidiano e filmando in interni ed esterni, soprattutto in spazi periferici molto indovinati e questo è un elemento molto importante e da elogiare.

Alcune inquadrature non mi hanno particolarmente convinto, a volte troppo lunghe (come ad esempio quando il ragazzo osserva la madre mentre dorme), ma per il resto posso dire che è una regia molto fluida, che non si perde in inutili virtuosismi fini a se stessi e non pertinenti al film.
Non mi ha molto convinto l’utilizzo del suono ambiente come ad esempio nella scena degli scacchi (rumore incessante di uccelli e anche nel dialogo col barbone, con il rumore delle macchine in sottofondo), ma capisco che è una scelta stilistica del regista.
La recitazione di Michael Segal funziona, e fa piacere vedere un attore della sua prestanza fisica che non si accontenta di ruoli d’azione ma si presta anche in questi ruoli tormentati.
Riesce molto bene ad entrare dentro il suo personaggio e creare inquietudine allo spettatore.
Per il resto purtroppo posso apprezzare lo sforzo degli altri attori, ma non mi hanno convinto quasi per niente, recitazioni troppo forzate, espressioni troppo marcate e che mi hanno lasciato poco.
La colonna sonora è un altro elemento che mi ha convinto poco, sicuramente è costruita con una precisa ricerca ma si sposa poco con le immagini dove viene messa.
Ad esempio quando il ragazzo scopre la madre mentre si prostituisce viene utilizzata una musica veramente ben fatta, ma nel modo sbagliato, ovvero sarebbe stata perfetta per un thriller, mentre per questo film non ce la vedo.
Le location come detto precedentemente sono apparentemente “povere”, però a mio modo di vedere sono molto funzionali per il film e mi trovano d’accordo.
Mentre un altro elemento secondo me poco riuscito sono i dialoghi, a tratti molto forzati e poco credibili.
Stefano Simone con gli scacchi della vita sicuramente ha un grosso merito ovvero quello di cercare di proporre qualcosa di nuovo nel panorama indipendente, di cercare di forgiare il suo stile senza utilizzare soluzioni di comodo per lo spettatore.

Recensione a cura di:
Federico Tadolini | Crea il tuo badge

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