LA VIA DELLA PROSTITUZIONE (1978)

Regia/Director: Aristide Massaccesi [Joe D'Amato]
Soggetto/Subject: Aristide Massaccesi
Sceneggiatura/Screenplay: Romano Scandariato, Aristide Massaccesi
Interpreti/Actors: Laura Gemser (Emanuelle), Ely Galleani (Susan Towers), Gabriele Tinti (Francis Marley), Venantino Venantini (Georges Lagnetti), Pierre Marfurt, Gota Golbert, Bryan Rostron, Manuela Romano, Nicola D'Eramo, Anna Toffoli, Tom Felleghi, Maria Letizia Serafino, Aurelia Saba, Fabio Frezza, Elena Maruffi, Maria Grado, Rocco Lerro, Alessandro Valente
Fotografia/Photography: Aristide Massaccesi
Musica/Music: Nico Fidenco
Costumi/Costume Design: Carlo Ferri
Scene/Scene Design: Carlo Ferri
Montaggio/Editing: Vincenzo Tomassi
Suono/Sound: Roberto Petrozzi
Produzione/Production: Flora Film, Fulvia Cinematografica, Gico Cinematografica
Distribuzione/Distribution: Flora Film
censura: 71559 del 19-04-1978

Sul nuovo allegro e spensierato motivo musicale RUN, CHEETAH, RUN di Nico Fidenco si apre l'ultimo episodio ufficiale diretto da Joe D'Amato della serie Emanuelle nera. La giornalista è questa volta in Africa, precisamente a Nairobi, dove sta cercando di avvicinare il signor Rivetti, un ricco affarista trasferitosi dall'Italia per sfuggire alla giustizia. Mentre si trova sulle tracce dell'uomo, Emanuelle nota un altro strano tipo, di nome Harley (ancora una volta interpretato da Gabriele Tinti), coinvolto in un'organizzazione internazionale di prostituzione di alto livello. Lasciato il Kenya è ora alle calcagna di Harley. Tramite un lungo giro di persone riesce a rintracciarlo proprio mentre è impegnato in un'asta di belle ragazze destinate a ricchi bordelli. Assiste addirittura alla vendita di una giovane vergine (ogni scena è pretesto per mostrare nudi femminili). Decisa come al solito ad andare fino in fondo, Emanuelle segue Harley, si fa notare, si finge povera, e all'offerta che egli le fa, dopo averne saggiato la bellezza, di lavorare in una casa d'appuntamenti, acconsente. Munita di macchine fotografiche Emanuelle arriva nella lussuosa casa chiusa di San Diego dove dovrà esercitare l'arduo mestiere; casa che scopre presto frequentata da personalità di spicco nonché da esponenti della politica. Ma nella depandance della villa si cela qualcosa di più: giovani ragazze probabilmente minorenni al servizio di clienti speciali. La fotoreporter fotografa tutto, ma purtroppo viene smascherata, narcotizzata e inviata in una clinica medica per esser definitivamente messa a tacere su quanto scoperto. Incombe su di lei la minaccia di una lobotomia che la renderà irreversibilmente innocua, ma Emanuelle prova comunque a fuggire…

La prima parte ambientata in Kenya ha poco da dire narrativamente parlando, è più un episodio che tra qualche amplesso e scene da safari turistico precede quello che sarà il successivo vero intreccio della storia, che fa comunque un po' fatica a ingranare. Ci sono alcune ambientazioni ripescate da altri film della serie: la Gemser e Tinti conversano a bordo di un elevatore nelle stesse posizioni e con i medesimi abiti di una scena di EMANUELLE E GLI ULTIMI CANNIBALI; la casa d'appuntamenti di San Diego è la stessa villa del boss di EMANUELLE IN AMERICA con tanto di stessa sauna con stessi specchi alle pareti. Nel finale, la protagonista annuncia che realizzerà il prossimo servizio in Svezia, e su questo commiato, della "vera Emanuelle" di Joe D'Amato si perdono le tracce nel panorama cinematografico. Da qui in poi si vedranno spuntare diverse produzioni d'imitazione più o meno interessanti, alcune ancora interpretate dalla Gemser, altre decisamente lontane, come un film che vide la luce più o meno contemporaneamente a questo, un vago emule francese intitolato EMANUELLE E LOLITA, con una Susan Scott appena reduce da EMANUELLE E GLI ULTIMI CANNIBALI. Ma D'Amato probabilmente non se la prese, perché il cinema, e specialmente quello di genere, "d'imitazione" come lo definì il regista stesso, è una continua scia di suggestioni più o meno rubate e in continua evoluzione. D'Amato stesso s'impossessò della serie rubando la regia del primo EMANUELLE NERA a Bitto Albertini, il quale a sua volta attinse da EMMANUELLE, l'erotico francese di Just Jaeckin, ispirato all'omonimo romanzo-scandalo di Emmanuel Arsan, pseudonimo della tailandese Marayat Bibidh (in realtà a quanto raccontato in seguito soltanto prestanome del marito). Laura Gemser, la vera Emanuelle nera italiana, fatto curioso, fece una piccola parte nel seguito francese EMMANUELLE 2, in Italia uscito col titolo EMMANUELLE L'ANTIVERGINE. In conclusione, la morale della serie di Emanuelle nera, o meglio l'anti-morale se così si può definire, è la teoria che col fascino e la seduzione si possa ottenere qualsiasi cosa ed aprire qualsiasi porta. Chissà, negli anni 70, periodo di fermento rivoluzionario, come il pubblico femminista accolse la serie. Se il romanzo francese, con la sua audacia rappresentò la rottura di certi tabù fino a quel momento inesplorati, in virtù di una rivoluzione dei costumi e di un'emancipazione della libertà sessuale femminile, la serie Emanuelle nera rappresenta per certi aspetti un'involuzione di questo aspetto, nel momento in cui ci è dato vedere che, sebbene libera di far l'amore ovunque e con chiunque, la fotoreporter è allo stesso tempo schiava di questa libertà, perché il sesso rappresenta per lei la chiave e spesso l'unico passaggio obbligato per continuare ad essere libera.

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