I TRE VOLTI DELLA PAURA (1963)



Regia/Director: Mario Bava
Soggetto/Subject: Racconti di Anton Cechov, Lev Tolstoj, Guy De Maupassant
Sceneggiatura/Screenplay: Marcello Fondato
Fotografia/Photography: Ubaldo Terzano
Musica/Music: Roberto Nicolosi, Roberto Nicolosi
Costumi/Costume Design: Tina Grani
Scene/Scene Design: Giorgio Giovannini
Montaggio/Editing: Mario Serandrei
Suono/Sound: Mario Messina
Produzione/Production: Emmepi Cinematografica, Galatea, Alta Vista Film Production, London, Société Cinématographique Lyre, Paris
Distribuzione/Distribution: Dear International
censura: 40988 del 12-08-1963
Altri titoli: La peur, Black Sabbath, Les trois visages de la peur, Black Sabbath, Die Drei Gesichter der Furcht, Il Wurdalak, La goccia d'acqua, Il telefono

Trama - Il film si compone di tre episodi distinti:
-"Il telefono": una donna, sola nella sua casa, di sera, viene ripetutamente chiamata al telefono da un uomo che lei identifica in Franck, ex fidanzato, rinchiuso in carcere dopo essere stato denunciato dalla donna stessa per crimini commessi, e ora, da poco, evaso. Ossessionata ed impaurita chiama un' amica che si rivela, poi, camuffata la voce, il vero maniaco che la contattava.
Raggiunta in casa da questa, si unisce a loro anche l'ex amato e tutti e tre insieme danno vita all'imprevedibile finale thrilling...

-I wurdalak: un giovane cavaliere, Vladimir D'Urfe, si imbatte, lungo la strada che sta percorrendo, in un cadavere di un uomo ucciso con un coltello dallo strano manico. Lo trasporta fino ad una casa, ai margini della cupa foresta, dove trova riparo. Nella famiglia che lo accoglie trova rifugio dal pericolo dei wurdalak, sorta di vampiri che infestano la zona, molto pericolosi e in cerca perenne dei propri familiari per sterminarli. Il vecchio padrone di casa, proprietario anche del coltello assassino, è partito cinque giorni prima alla ricerca di questi mostri e, ora, torna a casa a notte inoltrata, sospettato di essere a sua volta divenuto vampiro assassino. Tutti temono che sia contagiato e l'orrore che seguirà darà loro ampie risposte al riguardo...
-"La goccia d'acqua": nel cuore della notte una infermiera viene chiamata al telefono con urgenza per recarsi in una casa vicina e constatare la morte appena avvenuta di una medium. Durante la vestizione del cadavere la donna sottrae l'anello dal dito della morta che, riaperti gli occhi, la fissa terrorizzandola.
Tornata a casa, in un crescendo di avvenimenti paurosi e, credendo di rivedere la medium, finirà per strangolarsi da sola.
Ma la storia non è finita perchè una vicina di casa...

"I tre volti della paura", film del 1963, ha un denominatore comune: i tre episodi sono ricavati da altrettanti racconti. "Il telefono" da un racconto di F.G. Snyder, nei titoli di testa la fonte è però indicata in Maupassant; "I wurdalak" da un racconto di Tolstoj e "La goccia d'acqua" da uno di Cechov.
Da una visione superficiale del racconto filmico il quadro dell'horror e del giallo può sembrare datato e poco coinvolgente, ma se si fa un piccolo sforzo e ci si immerge nel contesto dei primi anni sessanta e della genesi dei film di genere del terrore, allora si potrà capire che il risultato è stupefacente.
Mario Bava, qui regista che si firma con lo pseudonimo di John Old, utilizza i tre episodi per calibrare e rendere in crescendo il grado di paura che si sviluppa dopo ogni episodio per raggiungere la massima intensità nell'ultimo.
Tre episodi per tre concetti di paura, l'una diversa dalle altre.
Nel primo, più teatrale, tutto si svolge all'interno di un claustrofobico spazio chiuso, l'appartamento della protagonista. Tensione cerebrale, da raffinato thriller; lo specchio della paura si riflette nel viso della protagonista e nella ossessione del trillo del telefono, primitivo stalking e relativo nuovo strumento per l'epoca, che scandiscono e alimentano la potenza della percezione del pericolo. L'emozione sale fino al non scontato finale. E' l'episodio più debole, ma propedeutico a far salire di tono e logica la costruzione filmica dei seguenti.
Nel secondo si respira l'aria del fantastico e del gotico, così caro al regista. La scena è tinteggiata da colori cupi, scuri della foresta e del paesaggio ove incombe il mito del vampiro a caccia del sangue e della vita dei propri cari. Primeggia l'interpretazione di Boris Karloff, patriarca in bilico tra saggezza e orrore nella figura del grande vecchio e del male assoluto.
La paura non è solo allineata alle figure, alle azioni malvage, ma si rafforza con il quadro incombente della natura, a sua volta matrigna, che avvolge la scena.
Paura pura, generata anche dallo spettrale contesto.
Nel terzo la minaccia è ultraterrena e il terrore, dunque, è più profondo. E' l'episodio più inquietante, denso di dettagli visivi che colpiscono i sensi e l'inconscio dello spettatore.
Molto è direttamente percepibile, diretto:la goccia d'acqua che scende sempre più con puntuale e minacciosa insistenza dai numerosi rubinetti della casa, le porte che si aprono e chiudono, la luce inquietante della candela, il temporale ad estrema punizione. Il buio e la penombra celata sono la maschera dell'orribile viso della medium trasformata in strega vendicatrice e grottesca che punisce la cupidigia della malcapitata infermiera.
I protagonisti sono tutti all'altezza, da Michèle Mercier, a Lydia Alfonsi, nota interprete di sceneggiati televisivi, a Glauco Onorato e Marck Damon. Onore a Boris Karloff, il più presente e drammatico, sorta di sobrio conduttore all'inizio e di attore protagonista assoluto nel secondo episodio, fino a sottolineare, alla fine del film, la bella nota ironica che non ti aspetti, svelando il set come lo si vede al di qua della mdp, compreso il semplice, ma divertente effetto speciale.
Alla sceneggiatura collabora lo scrittore Alberto Bevilacqua.
Mario Bava , precursore e padre dell'horror italiano, oltre alla regia, è inventore di effetti speciali, poveri per il nostro moderno vedere, ma innovativi e di fantasia messi in essere in quegli anni.
Colora con sapienza: toni cupi, viola e grigi che saranno standardizzati nei film a venire. Bava non è al primo film gotico/horror della carriera, ma, forse per la prima volta, qui, mette il suo timbro e i caratteri che diverranno marchi di fabbrica.
Curiosità: il film, negli Usa, esce con il titolo "Black Sabbath". Un gruppo di ragazzi che hanno formato una band musicale di hard rock e musica psichedelica cupa denominandosi Earth, dopo aver visto il film di Bava, ne rimangono così entusiasti da cambiare il nome del gruppo diventando in tutto il mondo i famosi "Black Sabbath".
Tra i maggiori estimatori di Mario Bava c'è anche Tim Burton che non ha fatto mistero di aver usato alcune idee del maestro italiano per i suoi film.
Infine, sulla figura del regista, segnalo il bel libro di Gordiano Lupi "Storia del cinema horror italiano-volume 1-Il gotico" per capire il suo lavoro e le sue opere.

Recensione a cura di:
Dino Marin | Crea il tuo badge

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