LA CASA DELLA PAURA (1974)



Regia/Director: William Rose
Soggetto/Subject: William L. Rose
Sceneggiatura/Screenplay: William L. Rose
Interpreti/Actors: Daniela Giordano (Margaret), Raf Vallone (Dreese), Brad Harris (Charlie), John Scanlon, Angelo Infanti, Karin Schubert, Frank Latimore, Giovanna Galletti, Nuccia Cardinale, Dada Gallotti, Marianne Fuloff
Fotografia/Photography: Mario Mancini
Musica/Music: Berto Pisano
Scene/Scene Design: Giuseppe Ranieri
Montaggio/Editing: Piera Bruni, Gianfranco Simoncelli
Produzione/Production: Euro Italian Film Productions
censura: 63027 del 06-09-1973

ATTENZIONE LA SEGUENTE RECENSIONE CONTIENE DEGLI SPOILER!
Margaret è appena uscita dal carcere – dove è stata reclusa a causa di un errore giudiziario – e viene accolta dai Grant – madre e figlio – abituati a offrire un tetto ad ex-ergastolane, su interessamento dell’assistente sociale Alicia Songbird (che razza di nome!). Una serie di strane situazioni convincono Margaret di trovarsi alla mercé di un oscuro e letale pericolo, sensazione che si trasforma in vera paura quando viene contattata da Jack Whitman, fratello di una ragazza morta suicida (ma lui ne è tutt’altro che convinto) che aveva occupato in precedenza la sua stessa stanza.
Mentre i morti si susseguono, la trappola si restringe attorno a Margaret, coinvolgendo altre vittime e nuovi loschi figuri. Sarà proprio il suo nuovo amico Jack a intervenire all’ultimo minuto, salvandole la vita e smascherando l’identità del misterioso “leader” mascherato da boia. Più vicino a Rosemary’s Baby, 1968 di Roman Polanski che non ai classici “gialli” italiani, il film si rivela un discreto esempio di artigianato cinematografico capace di trascendere i buchi (il più grosso dei quali è la cocciuta permanenza di Margaret nella casa dei Grant) di una sceneggiatura – firmata da Gianfranco Baldanello (Il raggio infernale, 1967) – che a tratti si fa incoerente (d’accordo l’ambientazione nella colonia americana residente a Roma e dintorni, ma perché i dollari?) e dispersiva; ma capace di avvalersi di una bella fotografia di Mario Mancini (poi regista di Frankenstein ’80, 1972) e Giorgio Montagnani (Quando l’amore è oscenità, 1980 di Renato Polselli). Il film scorre via gradevole, malgrado qualche lentezza nella sua parte centrale, grazie a una certa crudezza negli omicidi ma soprattutto a un notevole cast, in cui emergono un viscido Raf Vallone (La morte risale a ieri sera, 1970 di Duccio Tessari), l’ambigua coppia formata da Angelo Infanti (Fragments of Fear / Frammenti di paura, 1970 di Richard Sarafian) e un’ottima Giovanna Galletti (Operazione Paura, 1966 di Mario Bava), e la volitiva protagonista messa in scena da Daniela Giordano (il non dissimile Malocchio, 1975 di Mario Siciliano). Si segnala anche come notevole vittima Karin Schubert (Il pavone nero, 1975 di Osvado Civirani), mentre qualcosa in più, in fase di sceneggiatura, avrebbe dovuto venir concesso alla sempre magnetica Rosalba Neri (La bestia uccide a sangue freddo, 1971 di Fernando Di Leo); e qualcosa in meno all’eroe di turno Jack Scanlon (apparso non  caso in un ridottissimo lotto di titoli). Niente male anche lo “score” di Berto Pisano (La morte ha sorriso all’assassino, 1973 di Aristide Massacesi), malgrado nella parte conclusiva subentri un tema non molto appropriato, in particolare quando viene accoppiato allo smascheramento del “boia”, fornendo la sensazione di trovarsi in uno di quei filmetti di serie Z con supereroi che erano apparsi nei cinema italiani nella seconda metà degli anni ’60. Per molti critici il mistero sull’identità del regista (l’americano William Rose – regista di numerosi “nudies” e collegato al produttore Dick Randall attraverso un altro titolo storico del cinema “trash” come Terror! Il castello delle donne maledette, 1974; lo sceneggiatore Baldanello; e altri nomi un po’ a caso) risulta più affascinante di quello che anima la vicenda; ma in realtà la pellicola funziona ben meglio di quanto il “culto” possa far supporre.

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