LE FARO' DA PADRE (1974)



Regia/Director: Alberto Lattuada
Soggetto/Subject: Bruno Di Geronimo
Sceneggiatura/Screenplay: Ottavio Jemma, Alberto Lattuada, Bruno Di Geronimo
Interpreti/Actors: Luigi Proietti (avv. Saverio Mazzacolli), Teresa Ann Savoy (Clotilde Spina), Irene Papas (contessa Raimonda Spina Tommasselli), Mario Scaccia (don Amilcare de Loyola), Isa Miranda (zia Elisa), Bruno Cirino (geom. Beppe Colizzi), Lina Polito (Concetta, la servetta), Clelia Matania (zia Lore), Nina De Padova (Anna, nutrice di Clotilde), Pia Attanasio (principessa Anastasia Spina, la nonna), Daniela Caroli (Carmela), Giancarlo Badessi (don Liguori), Mario Cecchi (notaio Giovine), Giovanni Polito (Di Corato), Gabriella Caramelli (cameriera), Alberto Lattuada (medico di famiglia)
Fotografia/Photography: Lamberto Caimi
Musica/Music: Fred Bongusto
Costumi/Costume Design: Marisa Polidori D' Andrea
Scene/Scene Design: Vincenzo Del Prato
Montaggio/Editing: Sergio Montanari
Suono/Sound: Domenico Pasquadibisceglie
Produzione/Production: Clesi Cinematografica
Distribuzione/Distribution: Cineriz
censura: 64883 del 10-07-1974
Altri titoli: La bambina, Tenebrae, Padre putativo

L’avvocato Mazzacolli è un giovane yuppie, come si dirà più tardi, un rampante uomo d’affari bene inserito nella società capitalista, pieno di risorse, ma soprattutto “fregnacciaro” come si dice a Roma. Mette i suoi occhi meschini prima su una contessa di mentalità piccolo-borghese, Raimonda e poi sulla figlia minorenne e demente di quest’ultima. Quando Raimonda rifiuta di concedergli la figlia, il bell’avvocato decide di rapirla per “comprometterla” e farsi sposare.
Straordinario film di un Lattuada in forma, “Le farò da padre” è un pugno nello stomaco di ogni  benpensante, sia per le scene di sesso della Savoy, sia per la trama che vede un uomo maturo innamorarsi pian piano di una minore di 21 anni (all’epoca età anche del consenso). Qui, poi, la minorenne è anche mentalmente incapace di intendere e volere, quindi in una visione semplicemente moralistica, il film esalterebbe non solo  la pedofilia (allora definita impropriamente “corruzione di minorenne”), ma addirittura una relazione fra un “sano” e un “malato”. Una visione veramente troppo assurda per la società dell’epoca, che però permetteva il matrimonio riparatore, con la solita ipocrisia tutta italiana. 
Il film è di ottima fattura, la colonna sonora è molto bella e gli attori sono tutti molto bravi. Ottimo come sempre Proietti, che all’epoca veniva dalla svolta musicale, dopo il periodo impegnato della contestazione sperimentale al teatro e cinema popolare, perfetto nella parte di un meschino profittatore di denaro altrui. Bravissima, anzi eccezionale Irene Papas, che disegna il ritratto di una donna matura, che usa il sesso come arma. Fantastica la Savoy nella parte della lolita moderna, con le cui grazie oggettive, il film si rende gradevole. Grande anche Scaccia, straordinario nel ruolo del nobile pezzente e un pochino ottuso. 
La critica militante dell’epoca parlò di Lattuada come di un pornografo- cosa più stupida non si può dire-
ma il sesso qui ha un valore centrale. La sessualità matura, meschina, violenta di Raimonda e quella  giocosa, ingenua, senza limiti della figlia Clotilde. Due idee del fare l’amore che assumono la scelta falsa della contessa e quella vera della figlia demente. Definire questo film commedia erotica all’italiana è riduttivo, oltre che non vero, perché il film è profondo, reale, oggettivamente osceno forse, ma di una oscenità che non diventa volgare, di uno scandaloso che di comico o sexy non ha proprio nulla. 
Un film da vedere e da rivedere, prima e dopo i pasti, come da prescriversi ad ogni paziente. 
Curiosità: La stampa cattolica fu scandalizzata soprattutto della figura del prete benedicente di questo patto scellerato e parlò della Papas come di una madre immorale. Altra critica fu per un premio assegnato proprio al film, considerato da Civiltà Cattolica come “commerciale e mercificatorio”(aprile 1974).

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